#consiglidimusica, a cura di Davide Bonetti *
Peter Green è morto. Ci sembra, qui, doveroso dedicare un omaggio e un ricordo a colui che è stato uno dei più grandi chitarristi che il rock, e soprattutto il blues, abbiano conosciuto.
Peter Allen Greenbaum nasce il 29 ottobre 1946 in una famiglia ebraica dell'East End di Londra. Inizia a suonare la chitarra giovanissimo, autodidatta, e milita in varie formazioni rhythm and blues e rock'n'roll locali, finché nel 1965 la sua strada incrocia quella del batterista Mick Fleetwood: un incontro che gli cambierà la vita.
L'altra grande svolta della sua carriera avviene lo stesso anno quando, nemmeno diciannovenne, viene chiamato dai Bluesbreakers, la leggendaria band di John Mayall, a sostituire Eric Clapton, partito alla volta dei Cream. Green mostra già uno stile molto personale allo strumento e contribuisce all'album "The hard road" con alcune composizioni originali che prefigurano i capolavori della maturità.
Nel 1967, insieme all'amico Mick Fleetwood, dà vita a quella che sarebbe diventata una delle band fondamentali del british blues: i Fleetwood Mac.
Con loro Green rimarrà per tre anni, e tre album, evolvendo verso sonorità che dall'ortodossia rock-blues lo condurranno alla psichedelia e al jazz, grazie a lunghe jam strumentali "free form" dove l'elemento trainante è il tentativo (riuscito) di trasporre in musica le emozioni e gli stati mentali, più o meno alterati.
Il culmine di questo nuovo corso è rappresentato da "The end of the game" (1970), album interamente strumentale e uno dei grandi capolavori del jazz-rock: Green si unisce a pieno titolo al novero dei chitarristi sperimentali e “sovversivi della scala pentatonica” (Scaruffi) che, partiti dal blues, lo hanno trasfigurato e contaminato con altre sonorità e altri stili (si pensi anche a Jeff Beck), laddove altri hanno scelto di rimanere, con esiti altrettanto memorabili, sulla “strada maestra” (Eric Clapton).
Ma è il suo canto del cigno: provato da problemi psichici sempre più gravi, forse dovuti al massiccio consumo di LSD, Green scompare dalle scene per quasi un decennio. Ritorna nel 1979 (mentre gli ex compagni Fleetwood Mac virano verso il pop, e verso il successo mondiale, con “Tusk”), titolare di un blues-rock raffinato ma che, insieme agli eccessi e alla sperimentazione, ha perso molto della creatività e dell'estro di pochi anni prima.
Con lo Splinter Group, band formata nel 1997, Green ha continuato a proporre lo stesso intrattenimento diligente e di gran classe, ma sono i suoi contributi innovativi al blues nel periodo 1966-1970, e soprattutto le sue ardite suite strumentali “metafisiche” ad avergli garantito un posto nell'olimpo dei più geniali chitarristi di tutti i tempi.
Peter Green si è spento il 25 luglio 2020, a 73 anni.
Ascolta la magia della chitarra di Peter Green: https://www.youtube.com/watch?v=kTvKaLW5bu8&feature=youtu.be
*Coordinatore settore Musica Violet Moon