Quando i Creedence cantarono il Vietnam...

#consiglidimusica, a cura di Davide Bonetti*

27 maggio 1965. Come ieri, 55 anni fa, le navi da guerra degli Stati Uniti bombardano per la prima volta obiettivi del Fronte di Liberazione Nazionale del Vietnam, situati all'interno del Vietnam del Sud: è uno dei primi atti dell’intervento diretto degli USA nel paese del sud-est asiatico, che si concluderà ben 10 anni dopo, il 30 aprile 1975, con la caduta di Saigon che metterà di fatto fine alla guerra e segnerà la riunificazione politica di tutto il territorio vietnamita sotto la dirigenza comunista di Hanoi.

La “sporca guerra”, che vide contrapposte le forze insurrezionali filocomuniste (Viet Cong), appoggiate dall’Unione Sovietica, e il governo filostatunitense costituitosi nel Vietnam del Sud, oltre ad essere uno dei capitoli cruciali e più tragici della guerra fredda, ha segnato in maniera indelebile la storia, la cultura e l’immaginario americano. 
Un discorso a sé meriterebbe il cinema: oltre a capolavori (Apocalypse Now e Il Cacciatore, per citare due tra i più grandi) che affrontano direttamente e “sul campo” il tema, si può dire che quasi non esista serie tv o film U.S.A., uscito dai tardi anni ’70 in poi, in cui non vi sia un protagonista segnato psicologicamente dalla guerra. 

Una vera e propria ossessione, che per quanto riguarda il cinema conosce la sua stagione più prolifica negli anni ’80 e raramente (Full Metal Jacket, Platoon) riesce ad affrancarsi dalla propaganda reaganiana, ma che nella musica rock, forse anche per il carattere naturalmente anticonformista e sovversivo di quest’ultima, produce più che altro punti di vista critici, quando non apertamente ostili.

È il caso di questo pezzo dei Creedence Clearwater Revival, quartetto californiano attivo tra i ’60 e i ’70, il cui merito più grande consiste nell’aver fuso in maniera straordinariamente originale ed energica il blues, il country e il rock’n’roll con i ritmi tribali “neri” (memori della lezione di Bo Diddley) e con atmosfere “da palude”, fatte di riti voodoo e sinistri presagi.
Il “bayou” della Louisiana si confonde, quasi come in un incubo, con le risaie del sud-est asiatico; e mentre il ritornello ripete ossessivamente il suo invito (“corri attraverso la giungla, non voltarti indietro”), il piano onirico e quello reale si intrecciano continuamente (“duecento milioni di fucili sono carichi, Satana grida: mirate!”), fino a culminare nel “riempite la terra di fumo” dell’ultima strofa, forse evocativa delle foreste distrutte dal napalm…
Rito satanico o metafora della “sporca guerra”? La musica non scioglie l’ambiguità, anzi la accentua: armonicamente, il brano è costruito su un solo accordo, la chitarra fa da contrappunto alla voce luciferina di Fogerty e le pulsazioni del basso, in primo piano, stabiliscono il tono medio ossessivo. E “sospeso”, fino alla fine.

Ascolta il brano: https://www.youtube.com/watch?v=i3tvaSSJoyI


*Coordinatore settore Musica Violet Moon