Uno che si chiama Jury in onore del cosmonauta russo Gagarin, nella vita deve per forza fare cose spaziali.
Io l’ho incontrato quando quelle “cose spaziali” le aveva già fatte, nel corso della prima edizione di #passioneimpresa organizzato da #saef, nel 2015.
E ricordo tutto di quella giornata!
Un ragazzo spiritoso come pochi, che arriva tranquillamente con la sua auto, non pretende tappeti rossi, si siede accanto a noi come fosse un amico da tempo per un pranzo frugale (petto di pollo e insalata per mantenersi in forma), che scherza con una leggerezza che sembra l’esatto contrario della potenza di un corpo tutto muscoli.
Jury Chechi è uno così: uno che ti conosce e ti dà il suo cellulare senza problemi. A cui mandi gli auguri per le feste e ti risponde. La forza che ha nei muscoli è pari alla forza che ha nel suo essere sempre, estremamente semplice!
Semplice, non leggero. Anzi.
Le storie che racconta fanno bagnare gli occhi dall’emozione. Anche a me che dovrei essere abituato dopo averne raccontante tante.
Ma quella che mi ha più colpito non è la storia della sua vittoria alle olimpiadi di Atlanta, nel 1996, quando salì sul tetto del mondo, quando da quegli anelli dimostrò a tutti di essere il migliore, “il Signore degli anelli”.
La storia che ti colpisce di più di lui è legata ad un periodo triste della sua vita, che lui fu capace di trasformare in un’impresa.
Nel 2000 un grave infortunio sembrava avere segnato nella maniera più triste la sua straordinaria carriera sportiva. In quel momento si stava preparando per le olimpiadi. Il suo mondo crollò in un secondo, tutti i sacrifici, le giornate di allenamento, la fatica… tutto era stato compromesso. Non avrebbe più avuto la possibilità di mettersi agli amati anelli.
Questo, almeno, era ciò che pensava il mondo di lui, guardandolo con ammirazione ma anche con un pizzico di amarezza per quel ritiro forzato.
La svolta arriva nel 2003. Jury ha 34 anni, ormai vecchio per primeggiare come in passato, ma decide improvvisamente, stupendo tutto il mondo, di tornare alle gare.
Rivuole gli anelli, rivuole la competizione. L’anno successivo ci sono le Olimpiadi con la “O” maiuscola, quelle celebrate nella patria dello sport a cinque cerchi: Atene.
E’ una promessa di quelle sacre a spingerlo dopo anni di nuovo agli anelli. Una promessa fatta a suo padre, che stava molto male in quel periodo, malato di un male che si sarebbe vinto soltanto con un elemento: la forza di combattere!
E come fa un figlio a spingere il padre a combattere? Solitamente accade il contrario.
Jury raccontò che un giorno stava stringendo la mano di papà, incosciente, e provò a gettare sul piatto l’ultima carta che l’amore di un figlio può giocare: “papà reagisci, combatti… guarisci e io ti giuro che farò un’ultima gara, che tornerò agli anelli!”.
In quel momento la mano del padre si mosse e strinse leggermente la sua. Era un segno! Era il patto sacro fra un padre e un figlio che stava diventando qualcosa di talmente grande da sconvolgere ogni regola. Perché è proprio questo che succede: l’amore fra un padre e un figlio è in grado di superare qualsiasi cosa.
Non si sa come, si sa solo chè é così!
Chi, come me, lo ha perso un padre, cerca in fondo al cuore qualche promessa simile, così grande, ma non la trova. Ne trova altre, altrettanto emozionanti, ma mai così grandi!
Jury strinse più volte quelle mani e ricominciò ad allenarsi con la stessa forza e la stessa determinazione che aveva da ragazzino. E suo padre, con quella promessa nel cuore, combatté con la stessa forza, rimettendosi in salute.
Quel che è cronaca sportiva, in realtà, è una delle più belle storie dello sport mondiale: prima della gara decisiva Jury ebbe di nuovo qualche problema al braccio e fu disposto addirittura ad alimentarsi al minimo possibile per permettere a quel braccio di sostenere agli anelli il peso di quella massa di muscoli.
L’ultimo, grande sacrificio prima di quel giorno: il 22 agosto del 2004, facendo stropicciare gli occhi dall’incredulitàa tutto il pianeta, Chechi a 35 anni vinse la più storica delle medaglie di bronzo!
Per lui, per suo padre che aveva previsto tutto chiamandolo come un cosmonauta e per tutti coloro che hanno ancora il coraggio di fare delle promesse sacre.
E di mantenerle